Un curriculum di tutto rispetto quello di Francesco Stefanelli, un ex studente del Savoia che ha conseguito una brillante carriera all’estero e attualmente ricopre la carica di manager di Ariston Thermo Group. Siamo così orgogliosi dei nostri ex studenti che hanno fatto strada grazie alle loro competenze unite alla passione e all’impegno, che ci piace raccontarvi le loro storie e farveli conoscere attraverso le loro stesse parole.
Nel caso di Francesco, poco più che trentenne, dopo la laurea in Ingegneria gestionale presso l’Università Politecnica delle Marche che lo ha portato anche al Mit di Boston, un master in business management all’Istao in Ingegneria Industriale e una specializzazione in Industrial Engineering all’Università di Bologna, si sono aperte le porte di quasi tutti i continenti. Ha già lavorato in Svezia, Francia, Spagna, Inghilterra, Russia, Giappone, Nord America, Africa e di sicuro non ha intenzione di fermarsi.
Francesco come mai dopo tante esperienze in giro per il mondo hai scelto di tornare a un’azienda italiana come Ariston Thermo Group?
Ho ritenuto fosse un tassello importante per completarmi professionalmente, è un incarico recente e metterò tutto me stesso in questa nuova avventura.
Ma tu che tipo di studente eri ai tempi del Savoia?
Ricordo che volevo fare un sacco di cose, ero iperattivo e mi è sempre piaciuto studiare. Nutrivo interesse per tutte le materie, in particolare storia, disegno tecnico, matematica e fisica. Però non dovete pensare che fossi un secchione, semplicemente ero molto be organizzato. Non c’era solo lo studio infatti: avevo tre allenamenti a settimana di calcio, ho suonato pianoforte per 14 anni ed ero sempre in prima linea nell’organizzare assemblee e feste d’istituto. Però non accendevo quasi mai la tv.
Che rapporto avevi con i prof?
Sereno e rispettoso, basato sulla comunicazione e la trasparenza. Certo con qualcuno c’era più feeling e con qualcun altro meno, ma non ho mai avuto contrasti nè incomprensioni.
Cosa consigli ai giovani liceali ancora incerti sul proprio futuro?
Di guardarsi intorno, viaggiare, cercare nuove opportunità anche fuori dal paese dove sono cresciuti. Personalmente non potrei fare a meno di viaggiare, ho visitato più di 45 paesi fino ad oggi e penso che serva anche ad avere uno sguardo più obiettivo sull’Italia.
E dell’Italia cosa ne pensi?
Che non è giusto puntare sempre il dito contro quello che non va, ma sarebbe meglio puntarlo contro noi stessi e domandarci se facciamo abbastanza per rendere il nostro Paese un posto migliore dove vivere. Ogni tanto mi manca la mia terra, le Marche, ma vorrei vedere una maggiore apertura, una visione meno local che aiuti a trovare un trade off tra tradizione e innovazione. Sono 15 anni che non vivo più ad Ancona ma ogni volta che torno a trovare la mia famiglia mi redo conto di quanto sia bella e ricca di potenzialità.
Che significa essere un italiano nel mondo?
La parola “italiano” fa pensare alla solidarietà, alla generosità, alla qualità e alla grande sapienza delle cose fatte bene.
Personale scolastico